Le tabelle che ci sono pervenute sulla mortalità degli ultimi mesi, in rapporto:
- alla mortalità degli ultimi anni,
- alla distribuzione geografica,
- al numero dei positivi al coronavirus,
- alle fasce di età,
- allo stato di salute dei deceduti al momento della contaminazione da coronavirus
fanno emergere che il contagio è distribuito in poche zone ben delimitate geograficamente, che la mortalità colpisce esclusivamente fasce alte di età, ed in misura drasticamente minore persone più giovani, e che tutte le persone decedute erano, già precedentemente al contagio, ammalate di gravi patologie. (Fonte: Istituto Superiore della Sanità e Tabelle Istat.)
Si tratta di restrizioni interessanti in relazione ad una epidemia infettiva che non guarda all’età anagrafica di chi colpisce. Infatti i portatori sani, o poco ammalati, di Coronavirus sono distribuiti in tutte le fasce di età. Nella loro totalità, gli infettati appartenenti a fasce di età inferiori a 75 anni non manifesta alcun sintomo, oppure manifesta sintomi influenzali non letali e non invalidanti. Essere positivi al coronavirus, quindi, è paragonabile, per la stragrande maggioranza delle persone, ad essere positivo ad una delle malattie infettive che comunemente si prendono da bambini – morbillo, varicella evia dicendo –, che tra l’altro ci consentono di rinforzare il nostro sistema immunitario.
I dati statistici di cui disponiamo devono essere sottoposti ad ulteriori indagini per definire:
- Quale era lo?
- Quale è la percentuale delle persone decedute residenti in comunità (casa di riposo, ospedale o strutture analoghe), o che frequenta centri diurni per anziani?
- Quale è la percentuale delle persone decedute che era stata vaccinata contro l’influenza?
- Quale è la percentuale di persone decedute, o pesantemente colpito dal virus, che assumeva o assume farmaci, e di che farmaci si tratta?
E’ ipotizzabile che la contaminazione si sia diffusa prevalentemente, forse esclusivamente? - nell’ambito di strutture per anziani o ospedaliere. Questa ipotesi darebbe una spiegazione immediata alla discrepanza che si osserva tra Nord e Sud Italia, dove tradizionalmente gli anziani inseriti in famiglia, piuttosto che in collettività, sono più numerosi.
Se questa ipotesi venisse confermata, il contagio sarebbe assimilabile più alle infezioni assunte in ambito ospedaliero che ad una infezione sul territorio. Depone a favore di tale interpretazione la circostanza che il picco dei decessi è avvenuto dopo la seconda settimana di marzo, vale a dire dopo i provvedimenti di restrizione e la massiccia ospedalizzazione, anche considerando i tempi di incubazione.
In attesa della risposta alle domande sopra elencate, dai dati disponibili possiamo trarre le prime osservazioni in relazione alle strategie che si sono adottate fino ad ora per affrontare il problema, la cui illogicità e conseguente inefficacia appaiono evidenti:
- Chiudere i luoghi pubblici frequentati dalle fasce di età che non vengono toccate, o lo vengono in misura irrilevante, dal virus, quali scuole, attività produttive e attività ricreative, musei, palestre, luoghi pubblici, eccetera, condannando inutilmente la parte sana della popolazione ad una vita da malati, alla improduttività ed all’impoverimento, e nel contempo lasciare aperte le case di riposo, luogo ove la diffusione del virus provoca palesemente malattia e morte, è contrario alla logica, quindi può essere motivato soltanto da stupidità o da obiettivi estranei al bene comune, o entrambi.
- Sarebbe (stato) opportuno intervenire chiudendo le case di riposo ed incentivando le famiglie a portare a casa i propri anziani, garantendo la assistenza necessaria affinché ciò fosse gestibile. Questa strategia sarebbe stata praticamente gratuita, in quanto si sarebbero in conseguenza creati temporaneamente quei posti di lavoro di cui pareva ci fosse, in Italia, tanta carenza.
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Un ulteriore profilo da verificare è il seguente.
Posto che, secondo eminenti scienziati - si veda il post “squarci di vera scienza” – è del tutto inutile determinare quale sia la percentuale di popolazione positiva al Coronavirus quale contributo alla salute pubblica: qualora si decida, nonostante tutto, di procedere a tale dispendiosa e dispersiva iniziativa, il campo di indagine deve rappresentare davvero uno spaccato obiettivo della popolazione, e non basarsi sul un campione di terrorizzati che si sono presentati in ospedale di propria volontà per il test: la fascia di età dagli 0 ai 15 anni verrebbe automaticamente esclusa dalla statistica e la falserebbe.
Concludiamo temporaneamente facendo osservare che sarebbe stato necessario porsi questi interrogativi e dare loro una risposta celere ed univoca, che del resto appare di facile reperibilità, PRIMA di portare al collasso le attività produttive che, questo sì, ci sta portando ad una pandemia dell’economia nazionale.
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