DIRIGIBILE O PALLONCINO? RIPARTI ITALIA !





Un  medico che mi onora della sua amicizia mi segnala che, a suo parere, sarei troppo schierato a favore delle tesi di coloro che ritengono il coronavirus non eccessivamente pericoloso.
Essendo un avvocato e non un medico o farmacista, non sono in grado di poter minimamente partecipare al dibattito, per cui non assumo posizione.
Il linguaggio tecnico, peculiare a ciascuna professione, legittima che essa sia esercitata da soggetti specifici che  traggono, proprio  dal possesso di un lessico, la ragione della richiesta di denaro che fanno ai loro clienti. 
Tuttavia qualsiasi linguaggio tecnico può essere compreso, qualora venga studiato, e può essere valutato dal punto di vista della coerenza e della logicità.
Un avvocato può sostenere al cospetto del proprio cliente che per la sussistenza di un valido contratto deve fornire la prova dell’esistenza del “sinallagma”. Il cliente rimarrà stupito di fronte ad un simile termine, poi approfondirà e capirà cosa significa quella parola così arcaica.
L’Istituto Superiore di Sanità tutti giorni fornisce i dati sui morti che riconduce al coronavirus.
Ieri, venerdì 27 marzo 2020, ha comunicato, attraverso il proprio sito, che i morti sarebbero stati 919 e complessivamente i morti sarebbero 9134.
La notizia è stata ripresa da tutti i giornali del mondo, che l’hanno particolarmente enfatizzata, in quanto il numero dei decessi sarebbe il più numeroso dall’inizio del monitoraggio.
Da tale dato è scaturita anche, quale diretta conseguenza, che la classe politica abbia inviato messaggi di necessità di prolungamento del blocco di tutte le attività economiche, nonché di proroga del restringimento della libertà personale: misure entrambe già in essere da molte settimane.
Nel report di approfondimento epidemiologico dell’Istiuto Superiore di Statistica, redatto bisettimanalmente, (epicentro.iss.it ), di giovedì 26 marzo, si legge quanto segue:
Tra i soggetti deceduti, complessivamente è stata segnalata almeno una co-morbidità nel 88% dei casi (patologie cardiovascolari, patologie respiratorie, diabete, deficit immunitari, patologie metaboliche, patologie oncologiche, obesità, patologie renali o altre patologie croniche).
Comorbidità” (la premessa sul linguaggio era necessaria…) è un termine utilizzato in ambito medico per indicare la presenza contemporanea di più patologie diverse, in uno stesso individuo. 
Quindi pressochè tutti i morti erano persone che, oltre ad essere anziani, oltre ad avere numerose patologie gravissime, assumevano farmaci, certamente, molto pesanti.
A fronte di queste dichiarazioni qualsiasi soggetto, e quindi anche il sottoscritto, è pienamente legittimato a valutare i dati come comunicati, perché essi sono oggettivi e comprensibili, e perché la loro analisi non sconfina, sicuramente, nell’ambito di alcuna valutazione tecnico-medico-farmacologica.
La prima domanda che sorge spontanea è per quale motivo l’Istituto superiore di sanità riconduce, quindi, al coronavirus le morti che esso stesso Istituto Superiore di Sanità afferma essere dovute ad altre patologie?
La seconda domanda è: se muoiono, per coronavirus l’88% persone che assumono già farmaci per altre patologie, è evidente che è opportuno valutare se non vi sia interferenza tra questi farmaci ed il virus e, quindi, che non siano proprio i farmaci a far parte del cocktail micidiale che determina le morti. Si è fatta questa ovvia verifica? E se non si è fatta, per quale motivo è stata omessa?
Occorre proseguire nella disamina.
Nella conferenza stampa epidemiologica del 26 marzo - la conferenza si tiene il martedì ed il giovedì- il dr Locatelli, ha affermato, “volendo essere chiaro” , che “alcune persone muoiono esclusivamente a causa del coronavirus” ed “ altre persone muoiono anche perché hanno contratto il coronavirus”.
La citazione è testuale (vedasi cit. conferenza stampa dal min.19,46 al min.20,53). Secondo il dr. Localtelli, questo periodare generico, impreciso senza contenuti, significa “parlare chiaro”. Il dr. Locatelli ha poca dimestichezza con la logica e con la grammatica. Parlare chiaro, per un soggetto che vanta la propria scientificità, significa fornire dati che egli non ha minimamente fornito, rilasciando una dichiarazione tanto banalmente ovvia quanto priva di contenuti.
L’ultima domanda di quella stessa conferenza, posta da un giornalista, è stata proprio quella che una qualsiasi persona di media intelligenza gli avrebbe posto: Quante persone, senza patologie gravi o gravissime, muoiono per il coronavirus?
La risposta è stata esattamente la seguente: “i morti direttamente per Corona virus solo coloro che:
-        sono morti per polmonite interstiziale,
-       che prima godevano di buona salute
-       che sono soggetti giovani.”.
Ancora una volta una dichiarazione abnormemente generica che richiede, per essere compresa, la ricerca delle tabelle di mortalità e, quindi, un esame per relationem.
Perché il dr. Borelli non ha preso quelle tabelle e non ha letto i dati indicanti le persone giovani morte per broncopolmonite interstiziale che prima godevano di buona salute?
Riproduciamo più sotta la tabella della mortalità pubblicata dall’ISS il giorno 26 marzo divisa per età.

Casi totali mortalità al 26 marzo 2020

Fascia di età
n. di morti
0-9

10-19

20-29

30-39
17
40-49
67
50-59
243

Nella fascia di età tra gli 0 e i 59 anni sono, dunque, morte complessivamente 320 circa di persone. Si deve ancora specificare quante di esse fossero già ammalate precedentemente al contagio ed assumessero farmaci.
Nella medesima risposta, il dr. Locatelli ha ulteriormente precisato che “negli anziani il coronavirus ha contribuito ad alterare uno stato di salute precario ed a determinare l’esito di questi malati in senso infausto” .
Quindi, anche negli anziani, il coronavirus non è mai stato esclusiva causa della morte, ma solo una concausa, -essendo i deceduti già irrimediabilmente malati, soffrendo di altre patologie.
Questi dati dimostrano che il coronavirus, per ora, non è affatto il flagello in nome del quale è stata fermata la settimana economia del mondo.

La questione della scarsissima trasparenza informativa è ancora più complessa, perché la evidenziata comunicazione contraddittoria non esaurisce i limiti, di inaudita gravità, che caratterizzano il comportamento dell’Istituto Superiore di Sanità.
Vi sarebbe, infatti, un dato assolutamente definitivo per capire la gravità o meno di questo virus: dovrebbero essere comunicati i morti giornalieri in tutt’Italia e confrontati con l’analogo dato relativo agli anni precedenti. La risultante di questo raffronto rivelerebbe in tempo reale la gravità o meno di questo virus. Siamo a fine marzo e, pertanto, è possibile raffronto con tutto il periodo invernale dell’anno scorso.
Questo dato è, ostinatamente, taciuto.
L’assenza di lavoro in sinergia tra Istituto Superiore di Sanità e l’Istituto Superiore di Statistica è un buco nero che non risulta accettabile in una situazione di emergenza quale l’attuale.
Ovviamente si può scegliere, con italica rassegnazione, di ritenere inevitabile questo disservizio, e, quindi, rassegnarsi alla superficialità di dati parziali contraddittori, incerti, sostanzialmente non scientifici, oppure - e questa è la nostra scelta - non accettare questa disinformazione, che noi riteniamo dolosa, ed insistere perché si approfondisca e si pervenga alla conoscenza del dato essenziale, sussistendo gli strumenti per poterlo fare.
Allo stato, quindi, qualsiasi interprete, che si ribadisce può legittimamente valutare questi dati perché appartengono alla normale cognizione di ciascuno, trae le conclusioni che, da un lato questa infezione sembrerebbe un palloncino che viene gonfiato come un dirigibile e, dall’altro rileva che vi sono lacune informative palesemente inaccettabili, perché non dovute ad un possibile oggettivo deficit tecnico, quanto piuttosto ad una voluta omissione di trasmissione di dati certamente disponibili.





Commenti